Filosofia da viaggio spicciola… ma che sarebbe meglio conoscere.

Nei giorni precedenti un viaggio vengo chiamato dai partecipanti che mi pongono le solite domande di routine ma comunque importanti per prepararsi al meglio: cosa mettere in valigia, che prese elettriche saranno presenti, quanti soldi portare, cosa si mangia, come fare per telefonare ecc. Tutte domande lecite per non farsi trovare impreparati una volta sul posto. C’è però una domanda fondamentale e che pochi di noi si fanno prima di partire: sono veramente pronto al viaggio che mi aspetta? So dove sto andando? Soprattutto quest’ultimo sembra un quesito banale ma è invece fondamentale perché diversamente si rischia di rovinarsi la vacanza. La prima cosa che ci si deve mettere in testa quando si parte per Paesi con culture diverse dalla nostra è che dobbiamo essere pronti ad uscire dalla nostra area di comfort: anche se soggiorneremo in hotel cinque stelle ed i servizi saranno di livello internazionale. Per quanto tutto diventi sempre più standardizzato resta (e meno male!) sempre una parte che per storia, religione, consuetudini si scontrerà con la nostra. Ci sono solo due strade per affrontare la cosa: far sì che questo “scontro” diventi un incontro lasciandosi andare nel Paese che ci ospita assimilando e accettando gli usi locali o più semplicemente sopportandoli oppure chiudersi nelle proprie convinzioni che la realtà che viviamo a casa sia l’unica vera accettabile nel mondo e che gli altri debbano imparare da noi. Tutto legittimo ma quest’ultimo atteggiamento è di solito foriero di insofferenza e impedisce ogni empatia con il luogo che visitiamo. Questo vale per tutto e a qualsiasi latitudine e va dall’accettare l’uso della mancia obbligatoria negli Stati Uniti al sopportare l’assenza del bidet in quasi tutto il mondo, dimenticare che “il caffè che è buono solo da noi” e accettare che la guida possa avere un parere opposto su ciò che a noi sembra una dittatura ma che per lui/lei che ci vive è semplicemente un governo legittimo.
Lasciatevi trasportare non solo dagli aerei e dai pullman ma dal viaggio stesso e perdetevi nei luoghi in cui siete. Dimenticatevi del wi-fi se non alla sera per chiamare casa anche se spesso sarebbe meglio non chiamare nemmeno, soprattutto se chi è dall’altra parte vi racconta solo cose che vi fanno preoccupare e aumentare il senso di colpa per essere partiti. Osservate la vita che scorre lungo la strada, notate le differenze e le similitudini. Fatevi venire delle domande e delle curiosità. Quando arrivate davanti al Grand Canyon, allo skyline di New York illuminata, su una spiaggia battuta dal vento, in un tempio con una cerimonia ancestrale, nel deserto sotto una volta stellata aspettate o in qualsiasi cosa che vi affascina aspettate a prendere lo smartphone o la macchina fotografica. Aspettate. Guardate. Restate in silenzio. Ascoltate. Fatevi avvolgere da quello che avete intorno e pensate: “sono qui”. Poi potrete scatenarvi con foto e selfie che riguarderete e vi piaceranno di più.