Thanksgiving e Black Friday: due facce della stessa medaglia
Nel settembre del 1620 un gruppo di Padri Pellegrini lasciò l’Inghilterra per scappare dalle persecuzioni e raggiunsero in nave (la Mayflower) le coste del Nord America. Sbarcarono a Plymouth, nell’attuale Massachusetts in novembre dopo un viaggio estenuante in cui molti del 102 che si erano imbarcati si ammalarono e morirono. L’impatto col nuovo mondo fu ancora peggiore: sfiniti e con l’inverno alle porte altri coloni morirono ed i pochi rimasti si salvarono grazie all’aiuto degli indiani Wampanoag che li sostennero e gli insegnarono a coltivare il mais e le patate, a raccogliere le bacche nei boschi e ad allevare i tacchini. L’anno successivo i coloni, raccogliendo i frutti dei primi raccolti, per ringraziare i nativi americani del prezioso aiuto, organizzarono un banchetto. Fu una vera festa che durò tre giorni e si svolse durante il mese di ottobre. Prima che questo evento diventasse una festa ufficiale si dovette aspettare più di duecento anni: fu solo il 26 novembre del 1863 che il presidente Abramo Lincoln proclamò il Giorno del Ringraziamento giorno di festa ogni quarto giovedì di novembre. La definitiva consacrazione del Thanksgiving risale alla metà del secolo scorso, quando l’allora presidente degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt, ne propose l’istituzione ufficiale, che venne approvata dal Congresso nel 1941. La tradizione vuole che si festeggi in famiglia e possibilmente in casa, non al ristorante. Ogni famiglia, per l’occasione, prepara il classico tacchino ripieno che viene accompagnato da patate dolci, salsa di mirtilli, salsa gravy e torta di zucca. La tradizione viene rispettata ovviamente anche alla Casa Bianca ma con un’aggiunta particolare: dalla fine degli anni Ottanta ha preso piede la ‘cerimonia della grazia’: il presidente degli Stati Uniti decide di salvare due tacchini. Il primo a graziare dei volatili che altrimenti sarebbero finiti sulla tavola della Casa Bianca è stato Ronald Reagan nel 1987, George Bush senior proseguì la tradizione del suo predecessore, così come avrebbe fatto poi anche il figlio. Da allora tutti i presidenti hanno continuato la tradizione. Nella città di New York, ogni anno si svolge anche la famosa parata dei Grandi Magazzini Macy’s. Il corteo festoso e caratterizzato da grandi palloni aerostatici spesso con personaggi dei cartoni animati è un’iniziativa dei dipendenti di Macy’s e risale ai primi del 1900, in segno di riconoscenza da parte dei molti immigrati che avevano trovato un nuovo lavoro negli U.S.A. La sfilata parte dall’Upper West Side (fianco Central Park) alle 9 del mattino e raggiungono la 34esima strada davanti ai Grandi Magazzini Macy’s. Tutto questo ringraziare per ciò che si ha è in netta contraddizione con quanto accade il giorno seguente nel celeberrimo Black Friday: il giorno in cui si da il via allo shopping natalizio. In questo venerdì negozi e grandi magazzini applicano forti sconti, almeno il 50%, e per questo motivo si creano code e resse fin dal primo mattino. Il black friday è talmente importante che viene analizzato per capire la capacità di spesa dei consumatori americani. Ma perché si chiama “venerdì nero”? Non c’è una spiegazione ufficiale ma le spiegazioni più comuni sono due. La prima spiegherebbe il colore nero col fatto che una volta i conti erano tenuti a penna e quel venerdì si vendeva talmente tanto da passare al passivo scritto in rosso all’attivo scritto in nero. L’altra spiegazione, più plausibile, risale al venerdì successivo al Giorno del Ringraziamento del 1952 nella città di Philadelphia: oltre al traffico e alla ressa causata dallo shopping, si aggiunsero decine di migliaia di persone giunte in città per assistere alla partita di football americano tra le squadre della Marina e dell’Esercito. Si creò una tale congestione del traffico che solo alla notte la polizia riuscì a risolvere e che definì “venerdì nero”.
Diventata una definizione di uso comune i commercianti cercarono comunque di ribattezzarla “Big Friday” (grande venerdì) ma senza successo.